Di seguito trovate un video dimostrativo in cui Federico Di Mambro prova il suo amplificatore ed alcune foto (cliccate per ingrandire) che mostrano il nuovo design.
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Come mi è capitato più volte di scrivere, non c'è nessun particolare segreto che si cela dietro il suono dei grandi maestri del Chicago style: semplicemente quel suono era dovuto al tipo di amplificatori e microfoni usati. Sicuramente tutti si saranno chiesti se è possibile oggi costruire un amplificatore che abbinato ad un microfono vintage possa permettere di ottenere lo stesso suono. Federico Di Mambro, ottimo armonicista e tecnico specializzato in amplificatori vintage, non si è limitato solo a porsi questa domanda, ma ha dedicato tanti anni alla studio e alla sperimentazione dell'amplificazione dell'armonica. Nel corso di questi anni si è reso conto che non è sufficiente copiare il circuito di un amplificatore vintage, così come fanno la maggior parte dei costruttori di boutique amps, per avere lo stesso suono: il risultato non sarà mai lo stesso perchè i componenti oggi disponibili sono molto diversi da quelli utilizzati una volta. Il segreto sta invece nel come questi componenti vengono assemblati insieme per ottenere il suono desiderato; lo studio e la riproduzione dei circuiti di amplificatori celebri per l'armonica può servire come base da cui partire, ma sono ben altre le qualità che un tecnico devi sviluppare se vuole creare un amplificatore che non sia una sterile copia dell'originale.
Ho avuto modo di ascoltare e provare l'ultima realizzazione di Federico, di cui riporto alcune foto, e posso affermare che è veramente riuscito nel suo intento di realizzare un amplificatore che riproduce il suono dell’armonica dei grandi maestri del Chicago Blues: un suono saturo e allo stesso tempo pastoso e rotondo; adatto anche ad altri generi musicali quando si desidera un suono caldo e aggressivo. Si tratta di un amplifcatore che è al 100% artigianale, frutto di tanti anni ricerca, guidati dall'amore per gli strumenti vintage, ma soprattutto dalla passione per l'armonica.
Nonostante le piccole dimensioni, che lo rendono comodissimo da trasportare, questo amplificatore sprigiona una potenza tale da poter essere utilizzato con una band al completo senza necessità di essere microfonato; ciò grazie al suo particolare circuito che elimina lo spinoso problema del larsen che affligge tanti armonicisti.
Il merito delle grosse qualità di questo amplificatore vanno, oltre che alla grande cura e passione con cui è stato realizzato, anche ai componenti di grande qualità di cui è composto, interamente cablati a mano con la tecnica ‘point to point’ su cartone dielettrico artigianale; a ciò si aggiunge l’utilizzo di trasformatori avvolti a mano e di valvole vintage ‘New Old Stock’ di grande qualità. Il cono è un Jensen da
Per maggiori informazioni contatte direttamente Federico.
Dopo questi primi articoli dedicati all'armonica amplificata voglio dedicare una piccola parentesi ad una persona che è stata per me e per tanti armonicisti italiani un grande punto di riferimento. Tale persona è Paolo Ganz, uno dei primi maestri riconosciuti di armonica blues in Italia. Credo che tante persone abbiano cominciato a suonare l'armonica blues, tanti anni fa, proprio grazie ai suoi metodi, nei quali, non solo ha saputo spiegare in maniera egregia le tecniche di base dello strumento, ma ha anche saputo trasmettere il significato del Blues. Ancora una volta Paolo torna a parlare di Blues, ma non con un metodo, bensì con un libro di racconti che descrivono il significato del blues attraverso storie vissute. Il libro si chiama 'Nel nome del Blues' ed è possibile contattare Paolo per maggiori informazioni. Concludo riportando una bellissima recensione del libro scritta da Bertrando Goio: |
"Descrivere una sensazione è difficile. Difficile è trovare le parole che esprimano uno stato d’animo, una cosa che, spesso, è impalpabile e inafferrabile perché appartiene alla sfera del pensiero. E il blues è una sensazione, e come tale quasi impossibile da esplicare. Il blues non è solo musica: il blues è un modo di pensare, di soffrire, di gioire, di provare dei sentimenti. Insomma il blues è la vita, e la musica è uno dei modi in cui il blues si manifesta, ma non è il solo: la musica esprime tutto ciò in ritmi, melodie e armonie; ma il blues si può vivere anche in altro modo, lo si può descrivere in altri modi, e uno di questi modi è la scrittura, e in particolare il racconto, che, come forma letteraria, meglio si confà al blues, che non è mai qualcosa di eccessivo, ridondante e voluminoso: il blues non può essere un romanzo. Il vero blues si manifesta in termini di essenzialità perché il blues si spiega con se stesso e non ha bisogno di fronzoli e decorazioni: un collo di bottiglia che scivola su una corda, un accordo soffiato su un armonica…
Ed è proprio quello che troviamo nei racconti di Paolo Ganz che, a fianco della sua consueta attività di armonicista, ha deciso di parlare del blues in altro modo: i suoi sono veri e propri pezzi blues in forma di racconto: e non il blues che noi tutti appassionati e innamorati immaginiamo nelle lontane terre del Mississippi o nei ghetti di Chicago, ma un blues vissuto, vissuto in Italia e, in particolare, nel Veneto e nei suoi dintorni. I racconti di Paolo Ganz dimostrano come il blues sia qualcosa di universale, che può essere raccontato anche qui, nelle nostre pianure e tra le nostre montagne, sempre naturalmente tenendo fermo il “sogno” che chi fa blues si porta dietro delle suddette lande dove il blues è nato, tra i neri d’America.
Sono storie di provincia, di piccoli locali sperduti nelle montagne, di piccoli personaggi che la storia non ricorda. Storie del porto in cui si può quasi sentire l’odore salmastro che si insinua tra cordame, moli e magazzini; di curve femminili che fanno sognare gli avventori di una locanda; storie di piccole miserie e storie di amicizia, di uomini che vivono come tanti, di gente e di cose comuni come lo sono quelle di un pezzo di Sonny Boy Williamson. E sullo sfondo di tutto questo, serpeggia, si insinua, ha spesso come diretto protagonista, il blues! Sì, il blues che si sente prepotente e avvolgente e che Ganz sa descrivere anche se non parla di accordi e di riff: i suoi non sono racconti sulla musica: sono racconti in cui la musica è il leitmotiv, lo sfondo poetico in cui vite felici e vite disperate si svolgono sul nastro del tempo che passa: il tempo è la malinconica presenza che si avverte sempre in queste bellissime storie dove spesso c’è un’epoca che si chiude.
I racconti sono ora ridanciani, ora nostalgici, ora grotteschi, e c’è sempre il filo rosso dell’ironia che non abbandona mai la prosa di Paolo. Ma, a ben vedere, la sostanza di cui blues è fatto non è per la maggior parte una grande, grandissima ironia? Ecco perché, tra gli altri motivi, i racconti de Nel nome del blues mi sento di ripetere che non sono racconti sul blues, ma sono blues che, invece di essere suonati e cantati, sono narrati. Raccontate come sa fare Paolo Ganz, con una prosa secca, pungente, essenziale come un blues di Charlie Patton.
Ganz sa mettere in parole senza retorica e senza tante storie, quello che ha vissuto, provato e sentito nel suo animo. E niente è mai esplicito e spiattellato, ma tutto si percepisce. In questi racconti, Paolo dimostra come tra il blues che egli suona con animo e passione sul palco di un locale e quello “nostrano” dei suoi racconti non ci sia differenza. E’ vita, è sofferenza, è amore, è ricordo ed è ironia. E’…Blues!"
Voglio portare all’attenzione di tutti un microfono vintage davvero eccezionale. Si tratta del Calrad DM-9 , microfono dinamico ad alta impedenza.
Ho acquistato di recente una decina di questi microfoni in stock, mai usati e nella loro scatola originale. Rispetto al modello originale è stata apportata un’utilissima modifica dal mio amico Federico Di Mambro. Federico, oltre ad occuparsi della riparazione di amplificatori valvolari vintage o moderni, può su richiesta effettuare customizzazioni su microfoni per armonica, come l’aggiunta del controllo del volume, la verniciatura e così via (vedi il green bullet nella foto). Nel caso del Calrad la modica da lui fatta è consistita nella sostituzione del connettore con uno uguale a quello montato su molti microfoni vintage, come ad esempio l’astatic JT-30: mentre col connettore originario era impossibile trovare un cavo adatto di buona qualità, adesso (come si vede nella foto) è possibile usare un cavo stile vintage o un adattatore, ovvero accessori che i possessori di microfoni come l’astatic jt-30 conoscono bene. In particolare l’adattatore permette di connettere al microfono un comunissimo cavo da chitarra, dando la possibilità quindi di poter scegliere tra una miriade di cavi di buona qualità ad alta impedenza.
Provando il Calrad con alcuni dei miei ampli vintage ho constatato che il microfono ha davvero un suono molto potente e graffiante. La risposta è ottima sia sui bassi che sui medio-alti; il suono si avvicina molto a quello dei migliori green bullet vintage. Le piccole dimensioni lo rendono poi particolarmente comodo da usare. Insomma mi sento di consigliarlo sia ai meno esperti che agli armonicisti più esigenti: per chi inizia può essere una alternativa più economica ad altri microfoni; per i più esperti e invece un utile microfono da abbinare ai propri ampli ed usare in alcune occasioni in cui si vuole un suono diverso o, addirittura, da usare come microfono principale.
A me, e ai miei amici che lo hanno già provato e acquistato, è piaciuto di più dei nuovi Shure 520dx e Hohner blues blaster.
Chi è interessato lo trova in vendita su italianharp.it